Non fa rumore la morte dell’artigianato artistico è come un bosco che cade piano piano, albero dopo albero, inesorabilmente maestro dopo maestro, bottega dopo bottega da più di vent’anni a questa parte. Se noi ascoltassimo simultaneamente il rumore che ha fatto ogni singola caduta di maestranze solo così ci potremo rendere conto del boato del terremoto e del deserto di esperienza che abbiamo lasciato creare attorno a noi
Quando chiude senza rinnovamento un’attività artigianale muore un’intera biblioteca di esperienza perché l’attività dell’artigiano si riassume nello spendere il proprio tempo misurato con il tempo dell’assimilazione dell’esperienza che si stratifica negli anni attraverso un lavoro in cui sono coinvolti tutti i sensi.
Oggetto di questo mio allarme di questa mia denuncia è che alle naturali cadute delle maestranze siano mancati il clima, le condizioni, la sensibilità che aiutano a non ostacolare il naturale e culturale rinnovamento di queste esperienze.
La nostra memoria confusa e anestetizzata dalla miriade di inutili informazioni che ci attraversano la giornata fatica a rendersi conto di cosa significhi la perdita dell’artigianato artistico specialmente in contesti socio-economici come Venezia centro storico , ma non solo.
La conseguenza è l’allontanamento del turismo culturale che gira attorno alla specificità che l’artigiano offre sul territorio e che si lega in simbiosi con le creazioni dell’artigianato , creando uno scambio di arricchimento reciproco.
Il turismo inteso nel senso più alto e ideale è per sua stessa vocazione scambio, relazione e conoscenza, il contrario delle masse che attiriamo nei nostri centri storici dove non si prende e non si porta via niente di tutto ciò, se non un povero spicciolo consumo di oggetti, frutto dell’ipermercato della globalizzazione e che risultano uguali e identici nelle differenti città
L’artigianato in generale, se lo rappresentassimo figurativamente, sarebbe una piramide il cui vertice è rappresentato dall’artigianato artistico che funge da avanguardia dell’artigianato nella ricerca e nell’innovazione ; per artigianato artistico voglio precisare che si intende chi si occupa prevalentemente dell’intero processo di creazione dell’oggetto, dalla sua invenzione alla sua progettazione, alla sua realizzazione ed alla sua promozione, il che lo può fare pure una ditta da mille dipendenti, ma chi permette l’unicità della singola creazione può essere però solo l’artigiano-artista, vero distillato di tempo impegnato ed impregnato alla sua opera, che affonda la propria cultura e le proprie radici nel contesto, genius loci del proprio tempo e del proprio luogo cosciente della realtà che si muove e modifica all’intorno anche in una realtà globalizzata come la nostra (per questo i differenti luoghi creano differenti tipologie ed espressioni della creatività artigiana ).
Perchè tutto ciò sia successo , io che da trent’anni sono operatore nel settore coinvolto in prima persona, proprio in questa veste provo a decifrarne i fattori responsabili.
Del resto è attraverso la loro analisi ed interpretazione che si può poi trovarne le eventuali risposte e soluzioni.
La Politica forse distratta dalle spinte della globalizzazione, non ha interpretato i segnali di declino ed i suoi rappresentanti si sono allontanati da queste figure e dalla loro tradizionale importanza nel sistema marginalizzandoli, non riconoscendo più loro dignità, valori e spazi, confinando il ruolo stesso che ricoprivano nel tessuto urbano e nel loro contesto. Nella sua natura l’artigiano tende anche a rinchiudersi nella sua esperienza, nella sua bottega e nella sua attività quindi è facile dividerlo e separarlo da altri, conservando sì la sua autonomia ma perdendo di fatto la forza del corporativismo collettivo della sua categoria di appartenenza, venendo a mancare di autorità ed autorevolezza nel contesto sociale.
In balia della sua sete di onnipotenza, la politica attuale ha sperperato denari e presuntuosa incompetenza nel finanziamento di periferici cosiddetti incubatori che solo pronunciandone il nome fa pensare ad imprese nate premature, selezionate in laboratorio, destinate a svilupparsi attraverso vincoli clinicamente politici.
La natura creativa artigiana non è sviluppabile in provetta politica, la politica può dare le occasioni di crescita, ma non può avere la presunzione di farlo senza tenere conto delle imprescindibili esperienze, con scelte non finalizzate, la politica deve creare le condizioni condivise con i bisogni degli artigiani, con l’offerta di spazi centrali e prestigiosi per esposizione -magari a rotazione per le differenti professioni-, servizi ed opportunità, manifestazioni per esibire le proprie creazioni, mestieri in piazza, perché l’artigianato ha più bisogno di occasioni che di soldi.
L’artigiano-artista sa ricercare soffrire ed adoperarsi per il suo lavoro.
Quale se non Venezia stessa e il suo centro storico è il decoroso incubatore ideale da lasciar crescere e rinnovarsi aiutando il processo senza volerlo gestire con logiche di parte?
Le Associazioni di categoria in città si sono concentrate più sulla quantità dei loro associati che sul vertice della piramide, più sui numeri che sulla creatività dei loro associati, poco sensibili ai bisogni di queste maestranze e di questi professionisti.
La cosa che si sente dire più spesso dai rappresentanti di queste Associazioni è la richiesta di fondi e finanziamenti , sensibilizzare di più la banche a prestiti…, ma questo non è il solo e vero problema perché è mancato il tramite tra le richieste dei maestri-artigiani e chi doveva farsene interprete , tra l’altro non valutando l’importanza e il ruolo formativo di questa tipologia di artigianato.
Non porta frutti né futuro che i fondi siano spesi in questo modo dalle associazioni.
E’ sotto gli occhi di tutti l’impoverimento a cui si è giunti : quale è la manifestazione a Venezia che rappresenta attualmente l’artigianato artistico? Quale vetrina di artigianato artistico Venezia propone a sé stessa e nel mondo?
La burocrazia legislativa, gli ordinamenti fiscali ci hanno messo del proprio complicando aspetti e balzelli ad imprese quasi sempre familiari propense più alla creatività che alla contabilità ( con grande dispendio di tempo mensile dedicato a carte e commercialista …)
Risulta difficilissimo tra l’altro , con le attuali modalità contrattuali, il trapasso lento e professionale delle conoscenze e dell’esperienze, l’assimilazione del mestiere vista più nella logica didattica e formativa ( con scambi anche con il mondo della
scuola ). Per l’artigiano che ha bisogno di nuove regole e sensibilità per il suo lavoro e la sua professionalità è necessario un riconoscimento della sua specificità e di conseguenza cambiare meccanismi normativi ed ordinamenti.
Alla Scuola l’artigianato può dare molto. E’ luogo e terreno della didattica.Da sempre per una fascia di giovani di ogni generazione l’artigianato si offre come una strada in più e virtuosa occasione per l’espressione e l’espressività insita nell’uomo in ambito lavorativo. L’artigiano è maestro ed esperto e le occasioni si possono creare remunerando le lezioni vissute dai ragazzi all’interno delle botteghe e dei laboratori ; sono semine che producono un forte consenso nel settore di quella gioventù incantata nell’essere e fare questo tipo di esperienze e le semine in età precoce servono a creare un meccanismo virtuoso, facendo in modo che la gioventù trovi il sano e formativo terreno idoneo per crescere.
Per dare identità e specificità ed arricchimento ai propri contesti sociali, oltre tutto, l’artigiano-artista è stanziale emigra poco, fa figli e famiglia e potrebbe essere un vero e concreto contributo all’inesorabile esodo da questa città e dai centri storici in generale.
A Venezia , del sistema turismo, molto si sente parlare e dibattere in questo periodo e tanto si dice di aeroporto, di flussi, di banche, di finanziamenti, di politica, di decoro ; su tutto questo c’è qualcosa di cui ci si dimentica che è l’arrosto sui cui gira tutto questo fumoso dibattito.
Da gourmet senza sottovalutarne l’importanza, a Venezia da sempre si è arrivati con qualsiasi mezzo anche senza aerei treni ecc..però quello che attirava era una città viva di attività e di mestieri in grado di promuoverne la cultura e l’unicità dell’identità. Stiamo dimenticando le nostre radici :chi eravamo, cosa sapevamo fare, la professionalità del nostro lavoro e del nostro operare, ma dove vogliamo andare ……..?
Dall’Osto Gualtiero
Presidente Associazione Pantaleon
Venezia 01.01.2009